lunedì 9 novembre 2015

2015, Zooantropologia, un cambio di prospettiva nel rapporto tra l’uomo e il cavallo. (By Enya Maglio)

Zooantropologia, un cambio di prospettiva nel rapporto tra l’uomo e il cavallo. (By Enya Maglio)
Pubblico quest’articolo di Enya Maglio che mi è piaciuto e condivido, mi auguro che piaccia anche a voi. I miei articoli torneranno presto, sono impegnato in un lavoro editoriale che mi auguro sarà per voi una piacevole sorpresa! Ora godetevi il lavoro di Enya e buona lettura.


La Zooantropologia sta innovando i sistemi di riferimento con cui le persone si relazionano con gli animali e si sta affermando come disciplina scientifica di grande interesse nell’equitazione, sia tra le figure professionali sia tra i semplici appassionati. Il campo di studio della Zooantropologia, infatti, riguarda il rapporto che l’uomo ha stabilito con gli altri animali, dai primi tentativi di addomesticamento fino a oggi, comprendendo le  interazioni individuali che vive ogni persona che stabilisce una 




relazione significativa con un animale. Da questo punto di vista il cavallo rappresenta uno degli esempi più importanti di relazione uomo-animale e nel settore dell’equitazione la Zooantropologia sta promuovendo un cambio di prospettiva che apre un ventaglio di possibilità che il classico percorso “addestrativo-performativo” tende a limitare.
Infatti parliamo di un approccio di tipo attivo che va a stimolare i processi cognitivi del cavallo.La cognizione consiste in una serie di processi neurologici con i quali il cavallo raccoglie le informazioni e le elabora tramite connessioni mentali; questo gli permette di agire in modo consapevole nella risoluzione dei problemi e nella scelta del comportamento più adeguato alla situazione, in tutti gli aspetti della vita, quindi anche nella sfera sociale e affettivacon l’uomo. Apprendimento, memoria ed emozioni rappresentano la basa dei processi cognitivi e attraverso la loro corretta stimolazione si può sviluppare un percorso educativo molto efficace.
Il cavallo diventa così non più oggetto passivo che subisce un’azione ai fini del raggiungimento di uno scopo o di un risultato, ma parte attiva nel processo di interazione: con la persona, con l’ambiente, con un oggetto o un nuovo “quesito”.Il cavallo viene posto nella relazione non più come soggetto da piegare e meccanizzare, ma alla pari dell’uomo, libero di fare delle scelte in modo autonomo e costruttivo che contribuiscono allo sviluppo del rapporto.Un cavallo libero di esprimersi di cui sono state sollecitate le attività cognitive si pone difronte alla  risoluzione di un nuovo quesito in modo più fluido; sarà capace di raccogliere informazioni, valutarle e tradurle in “pratica”. Come diceva un mio professore: “Il cervello è come un muscolo, bisogna allenarlo!”. Questo vale anche per i cavalli.
I processi cognitivi  nell’ equitazione sportiva non vengono sollecitati abbastanza, infatti il sistema addestrativo spesso si basa sulla sottrazione,ovvero sull’eliminazione dei comportamenti attivi tramite condizionamento operante del cavallo. Spesso l’uomo insegna e il cavallo impara per raggiungere un obiettivo o arrivare alla formazione di competenze; in Zooantropologia si parla di co-formazione, dove uomo e cavallo imparano insieme e crescono insieme. Attivare i processi cognitivi del cavallo porta dei benefici indiretti che possono essere molto utili nelle attività di equitazione: miglioral’empatia nel binomio, la fiducia,la socializzazione  e la capacità di problemsolving.

Come relazionarci al cavallo.
Il cavallo intorno a sé crea un ambiente dove si sente a suo agio e al sicuro,con l’introduzione di un nuovo elemento nella sua area sicura noi creiamo nel cavallo uno stato di squilibrio emotivo che si può esprimere con una gamma di emozioni molto vasta come timore, paura, ansia , curiosità, eccitazione. Per lavorare con un approccio relazionale dobbiamo riconoscere i bisogni naturali del cavallo, non dobbiamo umanizzarlo, dobbiamo abbandonare l’idea di addestramento, di cavallo sportivo, di lavoro in sella, il nostro obbiettivo non è montare ma condividere esperienze.
Facciamo un esempio. Il cavallo è un animale che si è evoluto per correre, infatti la corsa per lui è il comportamento principale per la sopravvivenza, l’asso nella manica per evitare di diventare una bistecca. In natura il cavallo passa la maggior parte del tempo in cerca di cibo o a brucare, utilizza il passo come andatura principale, qualche volta il trotto e raramente il galoppo che è anche un’andatura sociale. Nelle corse ippiche, tuttavia, le andaturevengono stimolate fuori contesto con l’unico scopo di tagliare il traguardo per primi, risultato del tutto privo di significato per il cavallo.

Il cavallo è un animale sociale, ha bisogno di vivere in branco o almeno avere un contatto sociale con i suoi simili, paddock comunicanti o paddock condivisi con un altro cavallo con carattere affine. Ai  cavalli non piace il box, amano camminare e pascolare infatti percorrono in natura circa 45 km al giorno. Un paddock anche piccolo può essere un ottima alternativa alle solite quattro mura del box. Meglio sé realizziamo un paddock attivo con arricchimenti ambientali, come ad esempio il paddock Paradise usato da chi pratica il Barefoot.

La Zooantropologia insegna a comprendere il cavallo come specie ma anche come individuo, ogni cavallo ha un proprio carattere, manifesta esigenze specifiche e ha propri tempi di apprendimento. Quando affrontiamo qualcosa di nuovo diamo la possibilità di vivere bene le nuove esperienze, che se fatte senza stress rimangono impresse nella mente del cavallo come piacevoli. Premiamo la curiosità, non puniamo comportamenti normali come “assaggiare”. Il cavallo usa le labbra per comunicare, per lui è come una stretta di mano. L’assaggiare è un tipico comportamento del puledro, spesso questo viene punito dall‘uomo e ciò porta come risultato a un cavallo adulto che morde ed è restio a farsi toccare la testa.
Sfruttiamo la natura sociale degli equini, affrontiamo nuove situazioni in branco senza isolare il nostro cavallo. Le attività di branco stimolano l’apprendimento sociale indispensabile per la formazione di un cavallo equilibrato.Il puledro impara molto dagli altri componenti del branco: il puledro osserva il cavallo “insegnante” passare su un telo, in una pozza d’acqua o in un luogo stretto con tranquillità, quell’esperienza andrà a costituire una mappa mentale e in seguito il puledro si porrà di fronte al nuovo quesito senza timore.
Facciamo un esempio pratico che riassume i concetti finora espressi: vogliamo far indossare un sottosella a un puledro per la prima volta. Abbiamo detto che bisogna lavorare in gruppo, quindi entriamo in modo non invasivo e chiassoso all’interno del branco con il nuovo oggetto, presentandoci quindi in modo adeguato, e iniziamo il nostro approccio. E’ sempre utile formare branchi se pur piccoli costituiti da soggetti di diversa età. All’interno del branco abbiamo un puledro che non conosce l’oggetto da noi inserito (il sottosella), quindi il nostro scopo iniziale è quello di far conoscere al puledro il nuovo oggetto. A tal fine possiamo porre l’oggetto sulla staccionata e lasciare che il puledro l’esamini da solo e iniziare nel frattempo a relazionarci con gli altri cavalli.
Successivamente possiamo porre il sottosella sopra a uno dei cavalli esperti, su varie parti del corpo: sul collo,sulla groppa, a mo’ di gioco. Il puledro curioso si avvicinerà a noi per condividere di sua iniziativa l’attività di branco e infatti il nostro scopo non è porre il sottosella sul puledro, ma renderlo partecipe di questa attività di gruppo. Se il puledro non si mostra interessato oppure è teso, sospendiamo l’attività, che può essere riproposta in seguito fino a quando il puledro avrà acquisito una familiarità adeguata con il sottosella che da oggetto estraneo diventerà un normaleoggetto del suo ambiente. A questo punto proponiamo al puledro di indossarlo, sempre in vari punti del corpo e sempre rendendo partecipi gli altri cavalli del gruppo. Alla fine il puledro non solo avrà dimestichezza con un nuovo oggetto, ma avrà anche acquisito un sistema di apprendimento valido per altre situazioni simili proposte dal suo compagno umano.

Ho conosciuto la zooantropologia due anni fa e me ne sono subito innamorata perché è una scienza che intende sviluppare una nuova prospettiva nell’ambito dell’equitazione; abbraccia temi legati alla bioetica e al benessere animale e all’inizio sembra difficile da comprendere per chi pratica equitazione sportiva. Tuttavia la zooantropologia mi ha spinto ad approfondire le mie conoscenze sull’etogramma del cavallo, sulla sua fisiologia e sulla sua biomeccanica e credo che questi insegnamenti possano rendere la vita del nostro compagno più piacevole e noi più consci delle alterazioni che possiamo creare. Occorre far progredire lo spirito di una equitazione consapevole che punta a migliorare il benessere di un animale che in pratica asseconda i nostri capricci.
Enya Maglio 



       
Equifare: Fare Equitazione by Roberto Bellotti is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

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