IL CAVALLO DA COMPAGNIA E' FUORI DAL REDDITOMETRO
25/02/2012 | Ore 19:46 Un grande successo per gli appassionati del cavallo e, in particolare, per la FISE, impegnata da mesi, a tutela dei suoi tesserati, in un serrato confronto con l’Agenzia delle Entrate. La notizia, come riporta "La Vece Equestre" è questa: i cavalli posseduti dal contribuente per passeggiate o per affezione non possono essere utilizzati come parametri per rilevare la capacità contributiva della persona. A stabilirlo, la Commissione tributaria della provincia di Asti, con la sentenza n. 6/12/12 del 31 gennaio 2012.
In questo modo, la Commissione ha stabilito un precedente formidabile a favore delle tesi dei possessori di cavalli da diporto, facendo in fondo proprie le stesse argomentazioni sostenute dal mondo equestre, a cominciare dalla FISE, impegnata da tempo in confronto serrato con l’Agenzia delle Entrate. Con questa sentenza, infatti, viene introdotta una discriminazione tra la "funzione del possesso", una distinzione tra le tipologie di utilizzo dei cavalli: secondo i giudici astigiani, è evidente che i coefficienti ministeriali relativi al cosiddetto redditometro facciano riferimento ai "cavalli da equitazione" destinati all'attività sportiva, animali dunque di grande valore, certamente costosi per quanto concerne mantenimento, trasporto e addestramento; animali, insomma, totalmente diversi da quelli utilizzati per passeggiate o da affezione. L'Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento sintetico basandosi sui coefficienti – indicati al punto 8 del DM del 10 settembre 1992 – al possesso di "cavalli da corsa o da equitazione", distinguendo tra le situazioni in cui gli animali siano tenuti in proprio da quelle in cui, invece, siano affidati in pensione a soggetti terzi. Ebbene, secondo la Commissione tributaria di Asti non può assumere rilievo, al fine dell’accertamento di un reddito presunto, il possesso di due cavalli, visto che questi animali potrebbero addirittura essere utilizzati "nell'economia agricola di sussistenza". Quindi, i cavalli non potevano essere idonei a determinare la maggiore capacità contributiva emersa dallo strumento-redditometro. Secondo gli analisti di Eutekneinfo, rivista specializzata in diritto tributario, la decisione dei giudici di Asti potrebbe essere importante anche ai fini del nuovo redditometro, ancora in fase di sperimentazione. Il nuovo strumento tiene conto di circa 100 voci di spesa, tra cui si presenta nuovamente quella relativa al possesso di cavalli (attualmente non pare neppure più ripresa la denominazione "cavalli da equitazione", ma soltanto quella di "cavalli"), inserita nella categoria "Attività sportive e ricreative". Inoltre, nella macro-area "Altre spese significative", sono ricomprese quelle veterinarie. Su questo punto, peraltro, può risultare decisiva la nuova figura del “cavallo-atleta”, inquadrata dal nuovo Statuto FISE: chi pratica agonismo ad alto livello deve necessariamente essere curato con grande attenzione, da specialisti, con inevitabili aggravi nelle spese. E cambia nulla, in questo contesto, abbia due o quattro gambe.
In questo modo, la Commissione ha stabilito un precedente formidabile a favore delle tesi dei possessori di cavalli da diporto, facendo in fondo proprie le stesse argomentazioni sostenute dal mondo equestre, a cominciare dalla FISE, impegnata da tempo in confronto serrato con l’Agenzia delle Entrate. Con questa sentenza, infatti, viene introdotta una discriminazione tra la "funzione del possesso", una distinzione tra le tipologie di utilizzo dei cavalli: secondo i giudici astigiani, è evidente che i coefficienti ministeriali relativi al cosiddetto redditometro facciano riferimento ai "cavalli da equitazione" destinati all'attività sportiva, animali dunque di grande valore, certamente costosi per quanto concerne mantenimento, trasporto e addestramento; animali, insomma, totalmente diversi da quelli utilizzati per passeggiate o da affezione. L'Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento sintetico basandosi sui coefficienti – indicati al punto 8 del DM del 10 settembre 1992 – al possesso di "cavalli da corsa o da equitazione", distinguendo tra le situazioni in cui gli animali siano tenuti in proprio da quelle in cui, invece, siano affidati in pensione a soggetti terzi. Ebbene, secondo la Commissione tributaria di Asti non può assumere rilievo, al fine dell’accertamento di un reddito presunto, il possesso di due cavalli, visto che questi animali potrebbero addirittura essere utilizzati "nell'economia agricola di sussistenza". Quindi, i cavalli non potevano essere idonei a determinare la maggiore capacità contributiva emersa dallo strumento-redditometro. Secondo gli analisti di Eutekneinfo, rivista specializzata in diritto tributario, la decisione dei giudici di Asti potrebbe essere importante anche ai fini del nuovo redditometro, ancora in fase di sperimentazione. Il nuovo strumento tiene conto di circa 100 voci di spesa, tra cui si presenta nuovamente quella relativa al possesso di cavalli (attualmente non pare neppure più ripresa la denominazione "cavalli da equitazione", ma soltanto quella di "cavalli"), inserita nella categoria "Attività sportive e ricreative". Inoltre, nella macro-area "Altre spese significative", sono ricomprese quelle veterinarie. Su questo punto, peraltro, può risultare decisiva la nuova figura del “cavallo-atleta”, inquadrata dal nuovo Statuto FISE: chi pratica agonismo ad alto livello deve necessariamente essere curato con grande attenzione, da specialisti, con inevitabili aggravi nelle spese. E cambia nulla, in questo contesto, abbia due o quattro gambe.
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