C’era una volta una favola tanto carina, che parlava di come il protagonista si identificava, chissà perché, con Biancaneve e cominciò ad attorniarsi di sette nani e forse qualcuno in più! La vera favola di Biancaneve ci insegnava il bianco candido come la neve ed i sette nani che l’accudivano e la proteggevano, ricevendo in cambio affetto ed un piatto caldo al loro rientro dalla miniera.
Cosa c’insegna la favola di BiancanevO ? Che non tutto è oro quello che
luccica! Morale della favola: hai voglia a travestirti da Biancaneve! Poveri i
sette nani che ti stanno attorno e ti devono sopportare! Quali Responsabilità
stai dando loro in cambio? I nani sono sette: che peccato che non arrivano a
dieci! Caro Consigliere, ce la fai a non essere uno dei sette nani? Brontolo,
Cucciolo, Dotto, Eolo, Gongolo, Mammolo e Pisolo fanno parte di un Consiglio!
Spesso nei verbali leggiamo “si approva o non si approva”, diciamo che
la scaletta più diffusa dovrebbe essere la seguente:
Approvato all’unanimità
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Approvato a maggioranza
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Non approvato a maggioranza (es. bocciato il progetto, il preventivo
spese, ecc.)
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Non approvato all’unanimità
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Si prende Atto
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Ops, mi è scappato un “Si prende Atto”!
Cosa succede quando in un verbale compare la frase “si prende atto di
una spesa”, al posto di approvato o non approvato?
Può darsi che si voglia prendere le distanze dall’oggetto del
dibattito, discussione o che sia? La domanda è: si può prendere le distanze da
qualcosa, invece di approvarla o non approvarla? Di chi sarà poi la
responsabilità che, in sostanza, non è approvata?
Quand’è che si usa correttamente “Si Prende Atto”?
Di solito si usa “il prender atto” di un problema, poi si dovrebbe
scegliere una presunta soluzione che appare la migliore e quindi la si approva,
giusto?
per es.: si prende atto che c’è stato l’aumento delle tariffe degli
alberghi e pertanto si vara l’aumento della spesa della trasferta che si
approva all’umanità.
Quando, invece, si usa il “prender atto di una spesa senza la
conseguente approvazione, cosa potrebbe succedere?
Faccio un esempio più ipotizzabile: il Consiglio prende atto che sono
aumentate le spese in merito ad un progetto: la responsabilità dell’aumento di
spesa, eventualmente contestabile, su chi ricade? Solo sull’autore della spesa?
O sono responsabili anche tutti quelli che hanno “preso atto”? Dov’è l’approvazione?
E’ implicita? Chi, in sostanza tace, acconsente?
Parliamoci chiaro, se era approvabile sarebbe uscito scritto!! Se non
era approvabile, quanto meno si sarebbe dovuto “respingere” l’aumento, il
progetto, ecc., a secondo dei casi. Vi trovate?
Quanto “preso atto della spesa” differisce da “spesa approvata”?
Quanta Responsabilità ricade su chi approva e su chi non approva?
Se c’è da rimetterci, chi ci rimette?
Allora, a questo punto mi viene spontaneo pensare alle Responsabilità e
mi sono rivolto a
Cicerone:
La responsabilità oggettiva
(quando oggettivamente responsabile può essere stata quella
persona e nessun altra) si ha quando il soggetto risponde di un fatto proprio,
poichè da lui materialmente causato, ma sulla mera base dell’esistenza del
rapporto di causalità tra condotta ed evento (soggetto che si è
comportato in quel modo e si è avuto quel risultato) ed indipendentemente da
qualsiasi nesso psichico tra il fatto e l’agente.
Nella responsabilità per fatto altrui il
soggetto risponde del fatto di altri senza che egli abbia dato alcun contributo
causale al verificarsi di esso.
Cioè quando altri compiono il fatto, ma si è correi (complicità,
per non averlo impedito, per averlo avvallato, ecc.)
L’ignoranza colposa, che traduco un po’ a parole mie, è
quando si è colpevole di non conoscere come funziona, della serie che sei
comunque colpevole di essere passato con il semaforo rosso perché non hai
studiato il codice stradale!
L’ignoranza colposa è tale se ricorrono i tre requisiti
della colpa:
- la mancanza della volontarietà dell’ignorantia legis;
- l’inosservanza delle regole cautelari di condotta;
- l’attribuibilità della ignorantia o error legis all’agente.
Vi trovate?
6.) Colpevolezza e conoscenza del disvalore del
fatto
(n.b. per disvalore del fatto si vuole intendere quando il
fatto è contrario ai valori della società (per es. ledere altrui, rubare,
rapinare, violare il domicilio, violare il codice etico, ecc.)
Secondo la legge, la colpevolezza presuppone anche la
conoscenza di non doverlo fare: intanto può rimproverarsi al soggetto di avere
commesso un fatto che non doveva volere o non doveva produrre, in quanto egli
sappia che quel modo di agire è antidoveroso e riprovevole.
Ma è necessaria la conoscenza effettiva della legge oppure è
sufficiente la conoscenza potenziale, la conoscibilità giuridica del non
doverlo fare? O basta anche la mera coscienza che l’azione è deplorevole?
Parliamo un po’ in merito all’ignoranza:
1) ignoranza colpevole, che comprende:
- l’ignoranza preordinata, che si ha quando il soggetto, a conoscenza dell’esistenza della legge, non prende conoscenza del contenuto per agire con maggiore tranquillità di coscienza o per procurarsi una scusa;
- l’ignoranza volontaria, che ricorre quando l’agente, consapevole dell’esistenza della legge, non prende conoscenza del contenuto per ostilità o indifferenza verso l’ordinamento giuridico o per pigrizia o trascuratezza;
- l’ignoranza colposa, che il punctum pruriens (che io traduco un po’ come la nota dolente oppure la lingua batte dove il dente duole) della teoria dell’ignorantia legis, segnando linee di demarcazione con la ignoranza incolpevole.
L’ignoranza colposa è tale se ricorrono i tre
requisiti della colpa:
a) mancanza della volontarietà della
ignorantia legis;
b) linosservanza delle regole cautelari di
condotta;
c) l’attribuibilità della ignorantia per
la non osservanza di quelle regole cautelari di informazione, il rispetto delle
quali era ragionevolmente esigibile rispetto all’homo eiusdem professionis
et condicionis.
Morale della favola? Cari Sette Nani: mala tempora currunt sed peiora parantur!
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