sabato 22 gennaio 2011

Come costruire un Campo per l’Equitazione: Cosa non Fare, secondo Enzo Dell’Acqua.

(Prima di leggere il quinto contributo di Enzo, sappiate che Equifare ha piacere di ospitare anche il contributo di altri esperti che vogliono contribuire sull’argomento, nell’interesse di questo sport, praticanti e quadrupedi! Invito ulteriormente i lettori a lasciare commenti e domande sotto gli articoli, Grazie! e buona lettura.)

Ci eravamo lasciati con l’intento di capire cosa non fare quando si costruisce un campo per equitazione.
Lo so che tutti vorrebbero sapere cosa devono fare, ma il problema va visto caso per caso. Non c’è una ricetta con la quale si fa la “torta” campo. Il problema sta soprattutto nel riuscire a valutare il terreno di base su cui andremo a costruire il campo. Ed i terreni, i luoghi, possiedono caratteristiche che si possono considerare diverse, quasi all’infinito! Detta così, nell’era della prefabbricazione e del pret à porter, suona strano. Per chiarire il concetto permettetemi un esempio: esistono case, capannoni, strutture (e chi più ne ha più ne metta) prefabbricate. Pensate ad esempio ad una struttura per maneggio coperto. Tutto prefabbricato, la comperate e… vi dicono che serve un progetto per le fondazioni! Senza tediarvi più di tanto, l’impresa dove lavoro di queste fondazioni per i coperti ne ha già fatte. Tutte diverse una dall’altra! Per lo stesso capannone, della stessa marca, con le stesse dimensioni. Cosa cambia? Il terreno dove si piazza il manufatto. Potrà anche capitarvi di comperare un prefabbricato molto più economico di un altro, e poi di spendere il triplo per le fondazioni. I conti, lo dico spesso, si fanno alla fine. Ma torniamo ai terreni per equitazione. Dire che cosa fare sarebbe l’incipit per farvi sbagliare. Ci sono però cose che si sono dimostrate ampiamente sbagliate e che, senza timore di indurvi in errore posso dirvi. Il primo consiglio riguarda la “forma mentis” da evitare. Non prendete ad esempio i campi che noi o altri costruttori realizziamo per le fiere o i concorsi internazionali.
Questi sono campi pensati e costruiti per la singola durata di quell’evento, condizionati e mantenuti da professionisti per dare il massimo della prestazione in un tempo brevissimo. Anche in questo caso vorrei fare un parallelo che aiuti a fare proprio il concetto. Non credo ci sia dubbio che una Ferrari F60 da formula 1 sia un gioiello tecnologico, il meglio di quanto si possa pensare per una automobile. In vena di follie ne compero una ( non so se si può, ma viste le mie finanze parlo comunque per assurdo ). Scopro subito che: consuma come un aereo, devo cambiare le gomme dopo 100 km, se c’è un dosso devo rinunciare a passare, ma cosa ben più significativa per il nostro parallelo, dopo 1000 km devo cambiare il motore, revisionare il cambio, rimettere a posto le sospensioni, cambiare i freni, magari anche qualche centralina elettronica. In pratica devo rifare la macchina da capo, tenendo buono il volante e qualche adesivo. Se non volete rifare continuamente il vostro campo, è meglio non farsi ammaliare dai metodi usati nella costruzione di quelli “one event”.
Un’altra cosa da evitare, stavolta di natura squisitamente tecnica, è di spendere inutilmente soldi in drenaggi che, credetemi, non servono a niente. Anzi, in molti casi creano veri e propri danni. Anche in questo caso, per chi volesse saperne di più, consiglio la lettura del mio libro che finalmente è disponibile anche in libreria, distribuito da La Feltrinelli. Ampio capitolo, a riguardo di cosa non fare, è quello da dedicare alla sabbia. Per ora vorrei anticiparvi solo una considerazione. La sabbia è quello che si vede, sopra il campo. Non che non abbia particolare importanza, ma non è la sola componente del campo, anzi, per meglio dire, non ne è che una componente. Qui il discorso diventa ampio e visto che solitamente attira l’attenzione di tutti, lo tratterei in un prossimo articolo.
Una cosa da non fare, o meglio che và fatta se proprio si vuole con un vero e proprio progetto, è quella di bordare i campi all’aperto con cordoli o muretti, anche se ci si lasciano dei varchi che nelle intenzioni dovrebbero far defluire l’acqua. Il vostro campo ne soffrirà notevolmente. Anche per questo non bastano poche righe, rimando al mio libro o ad eventuali ulteriori articoli.
Sul cosa non fare, e questa più che un consiglio è una esortazione per il rispetto della salute dei nostri compagni cavalli, è di pensare al vostro campo costruendolo come si fa per un parcheggio o una strada. Chi parte con scavi, ciottoli, ghiaioni e ghiaietti, non sta costruendo un campo per equitazione, meglio, non sa proprio cosa va o non va fatto. Stabilizzati, stuoie, stuoiette, (per altro anche care da comperare e posare) nascondono, al pari di esagerati strati di sabbia, incapacità progettuale e di realizzazione, nonchè, nei casi peggiori, la disonestà di alcuni improvvisati che vi vendono prodotti che altrimenti non comprerebbe nessuno.
Altro consiglio: se volete che il campo sia stabile e duri nel tempo, evitate tutti quei prodotti di natura organica che possono decadere o trasformarsi.
Un esempio? Il cippato, derivazione di uno scarto industriale proveniente dalla corteccia degli alberi. Dura magari un anno, continuando a variare in consistenza e risposta, non fornisce un buon appoggio al piede dei cavalli, e chi più ne ha più ne metta. A chi pare di fare chissà quale scoperta con questo o quel materiale ricordo che, alla fine, gli sbagli li pagano quasi sempre i cavalli in termini di salute, e, non trascurabile, anche chi sperimenta, in soldi buttati e parcelle dei veterinari.
Cosa dire ancora, forse una considerazione sulla valutazione di un terreno. Se a casa avete un campo dove quando piove scendono le anatre per nidificare, perché sanno che per un bel po’ avranno a disposizione un bel laghetto tutto per loro, quando andate in un posto dove ce ne è uno che non si allaga, voilà, ecco la soluzione a tutti i mali. Sappiate che quello che considerate un grande risultato, per un professionista nella costruzione dei campi, non è altro che una delle caratteristiche “normali” che deve possedere il campo. I risultati difficili da ottenere sono ben altri, e attengono quasi tutti al mantenimento della salute dei vostri cavalli. Almeno così dovrebbe essere, e questo pensiero mi riporta all’amara conclusione che più sorgono dittarelle con metodi o materiali rivoluzionari, più mi convinco che i professionisti, quelli veri, sono sempre e tragicamente più rari da trovare.
Un campo professionale ha tutte le caratteristiche per farvi lavorare bene, in più è studiato e realizzato per preservare la salute dei cavalli. Se non è così, è solo un campo di sabbia, o meglio, il più delle volte, un parcheggio per autobus con sopra della sabbia.
Non fatevi trarre in inganno da campi nuovi, magari usati da pochi cavalli o mantenuti come reliquie solo per questo o quel concorso. Se un campo è buono lo dimostra nel tempo, sotto forte utilizzo. Lo dimostra mantenendosi.
Imprese come quella per cui lavoro si basano su un progetto ad hoc, su materiali altamente performanti ad ognuno dei quali è delegata una precisa funzione rispetto all’esigenza progettuale. In più possono contare su anni di esperienza e di “feed back”, ovvero sul monitoraggio dei campi e del loro comportamento nel tempo.
Sperando di avervi dato qui e là alcuni spunti interessanti, vi rimando al prossimo articolo in cui parleremo di sabbie, visto l’interesse che suscita l’argomento. Vi rinnovo anche la disponibilità a rispondere alle vostre domande sull’argomento.
Un saluto a tutti
Enzo Dell'Acqua.

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