Zooantropologia, un cambio di
prospettiva nel rapporto tra l’uomo e il cavallo. (By Enya Maglio)
Pubblico
quest’articolo di Enya Maglio che mi è piaciuto e condivido, mi auguro che
piaccia anche a voi. I miei articoli torneranno presto, sono impegnato in un
lavoro editoriale che mi auguro sarà per voi una piacevole sorpresa! Ora
godetevi il lavoro di Enya e buona lettura.
La Zooantropologia sta innovando i
sistemi di riferimento con cui le persone si relazionano con gli animali e si
sta affermando come disciplina scientifica di grande interesse
nell’equitazione, sia tra le figure professionali sia tra i semplici appassionati.
Il campo di studio della Zooantropologia, infatti, riguarda il rapporto che
l’uomo ha stabilito con gli altri animali, dai primi tentativi di
addomesticamento fino a oggi, comprendendo le
interazioni individuali che vive ogni persona che stabilisce una
relazione significativa con un animale. Da questo punto di vista il cavallo
rappresenta uno degli esempi più importanti di relazione uomo-animale e nel
settore dell’equitazione la Zooantropologia sta promuovendo un
cambio di prospettiva che apre un ventaglio di possibilità che il classico
percorso “addestrativo-performativo” tende a limitare.
Infatti
parliamo di un approccio di tipo attivo che va a stimolare i processi cognitivi
del cavallo.La cognizione consiste in una serie di processi neurologici con i
quali il cavallo raccoglie le informazioni e le elabora tramite connessioni mentali;
questo gli permette di agire in modo consapevole nella risoluzione dei problemi
e nella scelta del comportamento
più adeguato alla situazione, in tutti gli aspetti della vita, quindi
anche nella sfera sociale e affettivacon l’uomo. Apprendimento, memoria ed
emozioni rappresentano la basa dei processi cognitivi e attraverso la loro
corretta stimolazione si può sviluppare un percorso educativo molto efficace.
Il
cavallo diventa così non più oggetto passivo che subisce un’azione ai fini del
raggiungimento di uno scopo o di un risultato, ma parte attiva nel processo di
interazione: con la persona, con l’ambiente, con un oggetto o un nuovo
“quesito”.Il cavallo viene posto nella relazione non più come soggetto da
piegare e meccanizzare, ma alla pari dell’uomo, libero di fare delle scelte in
modo autonomo e costruttivo che contribuiscono allo sviluppo del rapporto.Un
cavallo libero di esprimersi di cui sono state sollecitate le attività
cognitive si pone difronte alla risoluzione di un nuovo quesito in modo più
fluido; sarà capace di raccogliere informazioni, valutarle e tradurle in
“pratica”. Come diceva un mio professore: “Il cervello è come un muscolo,
bisogna allenarlo!”. Questo vale anche per i cavalli.
I
processi cognitivi nell’ equitazione
sportiva non vengono sollecitati abbastanza, infatti il sistema addestrativo spesso
si basa sulla sottrazione,ovvero sull’eliminazione dei comportamenti attivi
tramite condizionamento operante del cavallo. Spesso l’uomo insegna e il cavallo
impara per raggiungere un obiettivo o arrivare alla formazione di competenze;
in Zooantropologia si parla di co-formazione, dove uomo e cavallo imparano
insieme e crescono insieme. Attivare i processi cognitivi del cavallo porta dei
benefici indiretti che possono essere molto utili nelle attività di equitazione:
miglioral’empatia nel binomio, la fiducia,la socializzazione e la capacità di problemsolving.
Come relazionarci al cavallo.
Il
cavallo intorno a sé crea un ambiente dove si sente a suo agio e al sicuro,con l’introduzione
di un nuovo elemento nella sua area sicura noi creiamo nel cavallo uno stato di
squilibrio emotivo che si può esprimere con una gamma di emozioni molto vasta
come timore, paura, ansia , curiosità, eccitazione. Per lavorare con un approccio
relazionale dobbiamo riconoscere i bisogni naturali del cavallo, non dobbiamo
umanizzarlo, dobbiamo abbandonare l’idea di addestramento, di cavallo sportivo,
di lavoro in sella, il nostro obbiettivo non è montare ma condividere
esperienze.
Facciamo
un esempio. Il cavallo è un animale che si è evoluto per correre, infatti la
corsa per lui è il comportamento principale per la sopravvivenza, l’asso nella
manica per evitare di diventare una bistecca. In natura il cavallo passa la
maggior parte del tempo in cerca di cibo o a brucare, utilizza il passo come
andatura principale, qualche volta il trotto e raramente il galoppo che è anche
un’andatura sociale. Nelle corse ippiche, tuttavia, le andaturevengono
stimolate fuori contesto con l’unico scopo di tagliare il traguardo per primi,
risultato del tutto privo di significato per il cavallo.
Il
cavallo è un animale sociale, ha bisogno
di vivere in branco o almeno avere un contatto sociale con i suoi simili,
paddock comunicanti o paddock condivisi con un altro cavallo con carattere
affine. Ai cavalli non piace il box, amano
camminare e pascolare infatti percorrono in natura circa 45 km al giorno. Un paddock anche piccolo può essere un
ottima alternativa alle solite quattro mura del box. Meglio sé realizziamo un
paddock attivo con arricchimenti ambientali, come ad esempio il paddock Paradise
usato da chi pratica il Barefoot.
La
Zooantropologia insegna a comprendere il cavallo come specie ma anche come
individuo, ogni cavallo ha un proprio carattere,
manifesta esigenze specifiche e ha propri tempi
di apprendimento. Quando affrontiamo qualcosa di nuovo diamo la possibilità
di vivere bene le nuove esperienze, che se fatte senza stress rimangono
impresse nella mente del cavallo come piacevoli. Premiamo la curiosità, non puniamo comportamenti
normali come “assaggiare”. Il cavallo usa le labbra per comunicare, per lui è
come una stretta di mano. L’assaggiare è un tipico comportamento del puledro,
spesso questo viene punito dall‘uomo e ciò porta come risultato a un cavallo
adulto che morde ed è restio a farsi toccare la testa.
Sfruttiamo
la natura sociale degli equini, affrontiamo nuove situazioni in branco senza isolare il nostro
cavallo. Le attività di branco stimolano l’apprendimento sociale indispensabile
per la formazione di un cavallo equilibrato.Il puledro impara molto dagli altri
componenti del branco: il puledro osserva il cavallo “insegnante” passare su un
telo, in una pozza d’acqua o in un luogo stretto con tranquillità, quell’esperienza
andrà a costituire una mappa mentale e in seguito il puledro si porrà di fronte
al nuovo quesito senza timore.
Facciamo
un esempio pratico che riassume i concetti finora espressi: vogliamo far
indossare un sottosella a un puledro per la prima volta. Abbiamo detto che
bisogna lavorare in gruppo, quindi entriamo in modo non invasivo e chiassoso
all’interno del branco con il nuovo oggetto, presentandoci quindi in modo
adeguato, e iniziamo il nostro approccio. E’ sempre utile formare branchi se
pur piccoli costituiti da soggetti di diversa età. All’interno del branco
abbiamo un puledro che non conosce l’oggetto da noi inserito (il sottosella), quindi
il nostro scopo iniziale è quello di far conoscere al puledro il nuovo oggetto.
A tal fine possiamo porre l’oggetto sulla staccionata e lasciare che il puledro
l’esamini da solo e iniziare nel frattempo a relazionarci con gli altri
cavalli.
Successivamente
possiamo porre il sottosella sopra a uno dei cavalli esperti, su varie parti
del corpo: sul collo,sulla groppa, a mo’ di gioco. Il puledro curioso si
avvicinerà a noi per condividere di sua iniziativa l’attività di branco e
infatti il nostro scopo non è porre il sottosella sul puledro, ma renderlo
partecipe di questa attività di gruppo. Se il puledro non si mostra interessato
oppure è teso, sospendiamo l’attività, che può essere riproposta in seguito fino
a quando il puledro avrà acquisito una familiarità adeguata con il sottosella
che da oggetto estraneo diventerà un normaleoggetto del suo ambiente. A questo
punto proponiamo al puledro di indossarlo, sempre in vari punti del corpo e
sempre rendendo partecipi gli altri cavalli del gruppo. Alla fine il puledro non
solo avrà dimestichezza con un nuovo oggetto, ma avrà anche acquisito un
sistema di apprendimento valido per altre situazioni simili proposte dal suo
compagno umano.
Ho
conosciuto la zooantropologia due anni fa e me ne sono subito innamorata perché
è una scienza che intende sviluppare una nuova prospettiva nell’ambito dell’equitazione;
abbraccia temi legati alla bioetica e al benessere animale e all’inizio sembra
difficile da comprendere per chi pratica equitazione sportiva. Tuttavia la
zooantropologia mi ha spinto ad approfondire le mie conoscenze sull’etogramma
del cavallo, sulla sua fisiologia e sulla sua biomeccanica e credo che questi
insegnamenti possano rendere la vita del nostro compagno più piacevole e noi
più consci delle alterazioni che possiamo creare. Occorre far progredire lo
spirito di una equitazione consapevole che punta a migliorare il benessere di
un animale che in pratica asseconda i nostri capricci.
Enya Maglio
Equifare: Fare Equitazione by Roberto Bellotti is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
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