2015, Cavallo & Disabilità: Dall’Improvvisazione alla
Formazione, i tempi sono maturi? (by Stefania Cerino)
Prendo a prestito dai social network il nome di un gruppo
che mi sembra estremamente opportuno per far da cornice a questa riflessione.
Nonostante gli alti livelli di competitività e spersonalizzazione, pure, nella
nostra società c’è un numero vastissimo di persone ed organizzazioni che si
dedicano agli “altri”, offrendo assistenza, conforto, condivisione, interventi
specializzati . In effetti il mondo del Terzo settore è vastissimo ed è molto
confortante vedere quanto sia articolato.
La disabilità – in senso generale – ne occupa un ampio
spazio e tra le tante opportunità che vengono proposte ci sono anche le
attività con gli animali ed in particolare con i cavalli. Ormai credo che tutti
sappiano che i concetti di “cavallo” e “benessere” sono presenti in medicina
fin dall’epoca greco-romana e si sono sempre più ampliati e specializzati,
soprattutto a partire dal secondo dopoguerra.
Chiunque avrà avuto modo di osservare anche empiricamente
quello che avviene quando si stabilisce un legame tra una persona ed un
cavallo, non avrà dubbi dell’efficacia di questo tipo di intervento. Però….c’è
un però.., anzi ce ne sono diversi. La
valutazione di “efficacia” (evidence based) in medicina è fondata su una serie di elementi collegati tra loro : disponibilità
di solide evidenze scientifiche; chiara definizione del problema clinico che
deve informare la ricerca; uso di
strumenti statistici ed epidemiologici accurati e riconosciuti; possibilità di
reale impiego nella pratica clinica quotidiana; valutazione costante ed attenta
dei risultati. Se cerchiamo di applicare
questi parametri alle molte esperienze di “ippoterapia” (solo per usare uno dei
termini più diffusi) vediamo che sono molti i nodi che vengono al pettine.
In genere come “indicazioni” all’”ippoterapia” si indicano
condizioni di disabilità fisica, psichica, disagio
sociale in genere: un
coacervo quindi enorme di patologie dove
sembrerebbe che la sola presenza del cavallo sia risolutiva di tantissimi
problemi. Certo, sarebbe bello….ma a onor del vero, non è così!
Evidenze scientifiche
(reali) sull’efficacia dell’”ippoterapia” al momento ce ne sono in
numero interessante (28 pubblicazioni) per
quello che riguarda gli esiti di
Paralisi Cerebrali Infantili, che è poi è storicamente il campo di intervento
della riabilitazione equestre. Negli ultimi anni si sono sviluppati anche
numerosi studi relativamente ai Disturbi pervasivi dello sviluppo, ma, a fronte
di tanti progetti pubblicizzati e descritti, le evidenze sono al momento
davvero poche (14 lavori pubblicati su riviste indicizzate che tengono conto di
TUTTI gli interventi con gli animali, quindi non solo cavalli) e comunque
basate su studi con campioni numericamente non elevati. Pochissimi i lavori che riguardano i pazienti
psicotici e altre patologie neurologiche (soprattutto Sclerosi Multipla). Ecco,
la letteratura scientifica si esaurisce qui.
Se digitiamo su Google “equitazione per disabili” si
trovano 277.000 (!!) risultati, se si
scrive “ippoterapia” se ne hanno
178.000. Alla voce “formazione operatori equestri per disabili” troviamo 32.900
risultati. Beh. I conti sembrerebbero
proprio non tornare!
Chi sono e cosa fanno tutti questi operatori? Ma soprattutto
con quale formazione? Ecco questa credo che sia la domanda di base che ogni
utente o familiare debba porsi. Perché
le persone disponibili e di buona volontà sono tante, la voglia di “restituire”
qualcosa a chi è più sfortunato di noi è encomiabile, ma non basta. C’è bisogno di una formazione seria,
approfondita, verificata e continuamente aggiornata. Un corso di avvicinamento
può essere interessante, può aprire un panorama, ma poi le competenze vanno
approfondite, l’esperienza affinata , le conoscenze rielaborate: un percorso
formativo, qualunque sia l’argomento, non è
mai né semplice, né breve:
figurarsi se ci si trova a confrontarsi con un mondo difficile come quello
della disabilità, dove ci sono “quote” di emozioni fortissime da tenere a bada,
dove la comunicazione verbale e non è
sempre complessa e va gestita ed interpretata su diversi registri, dove c’è in
gioco un animale con i suoi codici comportamentali , i problemi relazionali, di
addestramento…
Abbiamo la fortuna di avere in Italia, unico paese
occidentale, un Centro di referenza per gli Interventi con gli Animali che fa
capo al Ministero della Salute: un riconoscimento ed un punto di riferimento non da poco per
tutti quanti operano in questo settore. Il Ministero
della Salute sta curando l’approvazione
delle Linee
Guida per gli IAA che
sicuramente saranno un punto focale discriminante per definire chi può fare
cosa ed in che modo. L’Italia è in questo campo davvero all’avanguardia.
Gli utenti ed i loro familiari avranno in questo modo
maggiori strumenti di tutela, ma soprattutto gli operatori dovranno fare un
salto di qualità, e capire che non basta la buona volontà, la disponibilità o
un sorriso per fare un intervento corretto. E’ necessaria una formazione vera e
completa, specifica per ogni categoria professionale impegnata. Se non si
capisce questo e non si opera tutti coesi verso questi risultati, si resterà
sempre nell’ambito dell’empirico, del “guarda ha sorriso, che bello…” ed
un’occasione di scientificità sarà andata ancora una volta persa.
Stefania Cerino
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