Stefania Cerino mi ha mandato due piccioni con una fava! Un bell'articolo per aumentare la propria consapevolezza dei nostri rapporti con i cavalli ed il Corso di Aggiornamento per la Riabilitazione Equestre e tratta i Disturbi del Comportamento Alimentare. Faccio pure io due piccioni con una fava, pardon, articolo?
RELAZIONE E COMUNICAZIONE CON I CAVALLI
Il trattato di Lisbona
tutela i diritti degli animali definendoli “esseri senzienti”, cioè in
grado di percepire sensazioni, sia positive che negative. Anche il polpo, che
prima di essere cucinato, viene ampiamente
“sbattuto” per ammorbidirne le carni
è un “essere senziente”….magari meglio non immaginare cosa percepisce durante
la “sbattitura”! Solo che il polpo, a differenza del cavallo, non manifesta in
modo a noi comprensibile la sua sofferenza, e questo certamente ci mette al
riparo dai sensi di colpa. Il cavallo reagisce al dolore, alla paura, alle
gratificazioni in modi che ci sono molto più “comprensibili”, anche se il suo
funzionamento mentale è opposto al nostro. Questo funzionamento mentale viene
genericamente definito come quello di “
preda/predato”, e questo sembrerebbe spiegare tutto. In realtà meriterebbe un
approfondimento. La relazione e la comunicazione con il cavallo è essenziale
per qualsiasi attività si voglia intraprendere con la sua collaborazione e non
tramite la sua Coercizione. Già Senofonte l’aveva ben sottolineato nel suo
trattato Sull’Equitazione!
Il cavallo comunica attraverso il corpo, è parte di uno
specifico sistema sociale (il branco), è dotato di intelligenza e le strutture
cerebrali deputate alla percezione emozionale sono probabilmente analoghe a
quelle umane (amigdala, ippocampo).
Spesso, avvicinandosi al cavallo, buona parte di tutto ciò viene
dimenticato, e la “relazione” è impostata non attraverso il “cercare di
comprendersi” ma attraverso “ti costringo a fare quello che mi serve”. Fin
dalla notte dei tempi il cavallo ha avuto tra gli uomini un impiego che
risponde ai principi dell’”economicismo”, cioè utilitaristico. Il cavallo
veniva e viene usato come cibo, è stato usato come mezzo di trasporto, in
guerra, in agricoltura, ecc. Anche l’uso “sportivo” in effetti ha, a ben vedere, una parte
“utilitaristica”. Quindi la relazione che si sviluppa è inevitabilmente
funzione dell’uso che se ne fa. Perché spesso ci si meraviglia che i cavalli usati
per la Riabilitazione Equestre siano tranquilli, disponibilissimi, spesso
(miracolosamente) in sintonia con chi li monta ed ha sovente nozioni tecniche
equestri scarse o comunque utilizzate grossolanamente? Forse (azzardo sulla
base dell’esperienza, che evidenze scientifiche ad oggi nessuno le ha cercate),
forse proprio perché si crea un circuito comunicativo essenzialmente empatico, dove
chi monta non “chiede” più di tanto ed allo stesso momento riesce a trasmettere
in modo analogico che la propria presenza non interferisce pesantemente nella
relazione. Certamente alla base di tutto
ciò c’è un
lavoro metacognitivo, più o meno conscio, da parte del soggetto
“umano” che deve comunque conoscere e recepire il funzionamento del cavallo. Ma
come diciamo che il cavallo non ha “stigma” nei confronti della persona
disabile e la accetta senza scomporsi come cavaliere, allo stesso modo la
persona disabile non ha “stigma” nei confronti del cavallo, lo accetta per
quello che è e quello che fa, un essere attraverso la cui mediazione è
possibile provare piacere, emozioni, benessere.
In questo modo, si può ipotizzare, si inneschi un circuito comunicativo
e meta comunicativo che permette l’instaurarsi della relazione e della reciproca
comprensione: ed è probabilmente questo meccanismo che fa
sì che gli interventi riabilitativi coni cavalli abbiano successo: sta
adesso agli operatori del settore approfondire
questa “evidence-based” affermazione cercandone le basi per dargli una
sempre maggiore dignità scientifica.
Stefania Cerino
Per il Corso di Aggiornamento, ecco quanto segue, scaricabile dal sito FISE:
Stefania Cerino
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