giovedì 12 dicembre 2013

2013, Autismo e Riabilitazione Equestre: Ma Funziona????

2013, Autismo e Riabilitazione Equestre: Ma Funziona????


L’autismo è una delle patologie di area psichiatrica più drammatiche e complesse, con molte varianti e quindi pazienti diversi tra loro e nei loro sintomi/comportamenti. E’ sempre un momento non piacevole, quando- come psichiatra - ad un genitore si deve confermare la diagnosi di autismo e dire che la patologia si può avvalere di una serie di interventi terapeutici e riabilitativi, ma, purtroppo, la prognosi è quella di una malattia che non guarisce. E’ allora che le famiglie cominciano a documentarsi, informarsi, cercare tutte le notizie possibili: per capire cosa fare, come farlo, dove.




Non è infrequente che arrivi la domanda : “Dottoressa, l’ippoterapia? Mi hanno detto che….”.
L’ippoterapia, una delle attività che fa parte della Riabilitazione Equestre, a sua volta Intervento Assistito con gli Animali che si avvale dell’ausilio del cavallo nella costruzione e gestione della relazione terapeutica.
Ma: serve? Funziona? Come?
Negli ultimi anni sempre più ci si è resi conto che nel consigliare questi tipi di intervento ci si basava soprattutto su dei riscontri empirici di “benessere” del paziente, ma in realtà una casistica scientificamente valida a cui fare riferimento non esisteva. Ci sono molti ricercatori impegnati in questi studi, e più in generale sulla valutazione degli Interventi Assistiti con gli animali sulla Salute Mentale, le francesi Grandgeorge ed Hausberger, gli italiani Cirulli, Frascarelli, Cerino, che stanno provando ad approcciare il problema con una metodologia scientifica rigorosa.
 Può servire dunque un percorso di Ippoterapia ad un bambino con autismo?
Il primo screening è a livello della diagnosi. I pazienti non devono avere ritardo mentale, Q.I. < 70, avere una diagnosi certa di Disturbo Pervasivo dello Sviluppo formulata da un neuropsichiatra infantile, dopo la somministrazione di adeguati test. Il percorso riabilitativo va costruito adeguatamente, nell’èquipe di lavoro è essenziale la presenza di un medico e di uno psicologo, il tutto va programmata e condiviso con il sanitario di riferimento del paziente, che può utilizzare nel suo lavoro quello che si fa nella seduta di ippoterapia.
Il lavoro con il cavallo permette di intervenire sulle funzioni esecutive e su quelle motorie, che, come risulta dagli ultimi studi, sono strettamente legate fra loro.
I pazienti devono lavorare in piccoli gruppi, non più di 2-3 per volta e non assieme a soggetti con altri tipi di patologie.
Per la loro particolare situazione psicologica gli autistici, per stabilire una relazione, devono prima “vedere” e “capire” tutto quello che si andrà a fare. Inutile portarli in un maneggio e provare a farli salire a cavallo: magari si divertono pure, ma non è certo un lavoro terapeutico! Bene quindi costruirgli prima un percorso di immagini (foto, disegni) che esemplifichi tutto quello che avverrà durante la seduta: l’incontro con il cavallo nel box, il grooming, il lavoro montato, la svestizione, ed il saluto. Solo in questo modo i piccoli pazienti potranno cercare di trovare una sintonia con l’ambiente e quello che faranno non saranno una serie di gesti ripetitivi e vuoti ma delle attività destinate ad incidere sul loro contesto psicopatologico.
I risultati di lavori di questo genere sono ancora numericamente scarsi per poter affermare una effettiva indicazione della Riabilitazione Equestre nel DPS, ma ci sono, e sono decisamente interessanti. A tutti  i genitori che si trovano ad affrontare questo problema consiglio di informarsi bene su chi e con che modalità andrà a lavorare con i loro figli; valutare la formazione dell’èquipe e la  presenza di figure sanitarie, conoscere il progetto di lavoro, gli obiettivi prefissati ed il tempo stimato per raggiungerli, valutare se esiste già un protocollo di lavoro come quello di cui si è detto sopra o qualcosa di analogo, avere indicazioni sulle  esperienze di quella determinata utenza rispetto all’autismo, chiedere se esiste una supervisione psichiatrica e, in caso affermativo, come opera o con quale frequenza, se sono previsti incontri, colloqui con i genitori, gli insegnanti e tenuti da chi. E’ chiaro che tutto questo ha un’influenza anche sui costi delle sedute. Impossibile pensare che un’attività simile costi 15-20 € l’ora come una lezione di equitazione. Giusto per avere un parametro di raffronto con un’attività riabilitativa non inserita nel LEA (Livelli essenziali di Assistenza del SSN), un’ora di idrokinesiterapia costa in media dai 60 agli 80 euro.
 Tutte le attività sono  certamente positive, importanti per il benessere psico-fisico ed utili in senso generale. Ma se si cerca un intervento terapeutico quanto detto sopra non può essere trascurato.
Stefania Cerino         
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